Era l’estate del 1953 e a New York arrivava una giovanissima Silvia Plath pronta a fare la giornalista e a raccontare il mondo. In realtà scoprirà presto che quello che ci si aspetta da lei alla rivista “Mademoiselle” dove era stata chiamata a fare la stagista, è molto diverso: deva fare solo la ragazza “carina”, incarnare quella ragazza “da marito” che lavora per gioco.
E’ affascinante la storia raccontata nel La calda estate di Elisabeth Winder e non solo per la storia di Silvia Plath, una donna tormentata, che ha ha saputo scavare il disagio delle donne. Il libro ci descrive anche un’epoca, un periodo dorato durante il quale le donne americane prendevano coscienza dei loro desideri e delle loro possibilità.
Allora mi sono chiesta, ma in Italia cosa succedeva in quello stesso anno?
Il 2 aprile 1953 “L’unità” pubblicava un’inchiesta dal titolo “Sono felici le italiane?”. Raccogliendo testimonianze reali, viene disegnato un quadro della condizione delle donne italiane lontano anni luce dai lustrini di New York e dalle casalinghe disperate di New York. Lontane dagli stereotipi, le donne italiane sono appesantite da tante responsabilità.
Sognano una casa decente e buone scuole per i propri figli. Consapevoli di essersi lasciate alle spalle la guerra da poche anni, le donne italiane lavorano e cercano di dare il proprio contributo per far risollevare le famiglie. Lo fanno anche andando a lavorare, in impieghi massacranti, sfruttate per la loro condizione di debolezza (solo contrattuale).
Un gruppo di donne di una fabbrica racconta:
Da noi in fabbrica ci sono dei canarini, e la nostra salute è regolata sulla loro vita. Quando i canarini muoiono, allora dobbiamo uscire in fretta dai reparti perché vuol dire che ci sono troppe esalazioni solforiche. Ma anche se ci sentiamo morire, prima che i canarini muoiano non abbiamo diritto di dire una parola
E oggi? le donne italiane sono felici?