Martin Amis e’ uno scrittore che mi piace molto. Quando ho letto che aveva dichiarato di essere stato molto influenzato nella scrittura dalla sua matrigna Elisabeth Jane Howard, ho subito acquistato il suo libro “Il lungo sguardo”. Le prime pagine mi sono molti piaciute, mi ha coinvolto la storia di questa quarantenne e mi è piaciuto il gioco di raccontare la storia a ritroso. Poi la tensione si è allentata e l ‘ho finito con minore interesse. Ma è un libro interessante, anche se non un capolavoro.
Poi stamani su La Lettura del Corriere mi sono imbattuta in una recensione del libro di Livia Manera, che conclude scrivendo “non faremo a Elizabeth Jsne Howard il torto di dire che era una scrittrice per donne. La narrativa di qualità non ha genere”. Peccato che questo inciso ha immediatamente fatto diventare la Howard una “scrittrice per donne”, con una connotazione evidentemente negativa, nella mente del lettore. Ma cosa vuol dire essere una scrittrice per donne? Parlare di matrimonio e di sentimenti? E perché ha una connotazione negativa? Perché proprio dalla penna di una donna deve venire fuori una considerazione così triste? Lo sguardo guarda lontano, ma è la prospettiva che ci manca ancora.