Non sono bellissime, ma sono affascinanti. Quel tanto che basta a distrarre gli uomini della cittadina americana in cui vivono. Hanno figli, mutui, lavori che le fanno impazzire, la loro magia non rende le loro vite perfette, ma le aiuta a togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Dispettose e volubili, sono queste le “Streghe di Eastwick” di John Updike: donne divorziate e per questo guardate con sospetto dagli altri abitanti della città, per di più madri poco attente che non amano stare con i loro figli. Però insidiano i mariti delle altre donne, credendo da donne liberate di essere migliori di loro. Solo che alla fine sarà sempre un uomo a guidarle.
Geniale Updike, che come sempre fa una ironica fotografia del suo tempo. Le donne divorziate sono davvero le streghe dei nostri giorni, o almeno è così ancora in tanti contesti. Una donna che ha divorziato è sempre riconducibile a tre modelli: una poco di buono che voleva un altro uomo; un’avida, che voleva più soldi; una stupida che voleva essere libera. Sono donne che in tanti casi fanno un po’ di paura alle altre donne, che ne prendono le distanze. Proprio come le streghe. Forse oggi le cose sono un po’ cambiate, anche perché le donne divorziate sono tante. Oppure c’è sempre la stessa aria di diffidenza?
Mentre aspetto una risposta, vi regalo questo pensiero della “strega” Alexandra, la mia preferita:
La lotta femminile contro il proprio peso: arrivata a trentotto anni la trovava sempre più innaturale. Doveva negare il proprio corpo per riuscire ad attirare l’amore altrui, come una santa nevrotica? La natura è il segno e il contesto della salute, e se abbiamo appetito bisogna soddisfarlo, soddisfacendo anche l’ordine cosmico”