Ma la parità si misura solo sul carico di lavoro in casa? e poi parità di cosa?

Sono stata assente da questo blog per 8 mesi, anche se nessuno se ne sarà accorto. Non ho mai preso il computer in mano per scrivere un post perché avevo bisogno di capire tante cose riguardo a questo gran parlare di donne.

Ho letto tante cose, seguito percorsi miei che alcune volte mi hanno portato a sbattere contro un muro e altre volte mi hanno fatto scoprire posti interessanti; mi sono fatta assalire dalle domande e ho trovato solo nuove domande. Nessuna certezza, quindi, intorno al tema della donne, all’infuori di una: c’è proprio bisogno di parlarne, ma parlarne sul serio.

Simone De Beauvoir nell’introduzione a “Il Secondo Sesso” scriveva:

Il problema del femminismo ha fatto versare abbastanza inchiostro, ora è pressochè esaurito: non parliamone più.

E infatti nel suo libro (immenso non solo per contenuti ma anche per mole) non parla di femminismo, ma di donne e femminilità, cercando di scoprire il legame tra questi due concetti. Può sembrare incredibile farsi ancora queste domande oggi che i media ci tartassano con pezzi sulla morte del “genere”, sui confini sempre più labili tra maschile e femminile. Mi sento un’aliena: non ho ancora capito bene cosa significa essere una donna e mi dicono che il genere è superato. Cosa mi sono persa?

Perché lo ammetto con sincerità: a 40 anni non ho ancora capito cosa vuol dire essere una donna. Mi sembra però di aver trascorso la mia esistenza tartassata da tanti modelli di donna diversi, che hanno fatto i conti diversamente con la propria femminilità: le mie nonne, mia madre, mia zia, le mie amiche, mia figlia. Tutte donne diverse, nella loro essenza, nel loro rapporto con il mondo, nel modo di vivere e di relazionarsi con gli altri, uomini compresi. Tutte donne legate da un filo ancestrale, combattive e mai sottomesse, donne che hanno vissuto il loro tempo, con tutte le contraddizioni del caso. Gli uomini non sono mai stati antagonisti per loro, per noi; però abbiamo sempre vissuto con la consapevolezza della nostra diversità. Ed è proprio la consapevolezza di questa diversità che ha orientato le nostre scelte.

Ma la diversità non si manifesta solo nel carico di lavoro in famiglia: trovo una visione molto riduttiva e maschile quella di voler spostare il dibattito sulla parità nella coppia solo su questo tema, perché toglie l’attenzione da altro.

Mi trovo molto d’accordo con questo post del simpatico blog 50sfumaturedimamma Lettera alle madri di figli maschi. E’ il nostro esempio quello che può davvero cambiare la vita dei nostri figli e fortunatamente gli uomini di oggi non sono quelli di 30 anni fa.

Ho sorriso stamani leggendo su “La Lettura” del Corriere il racconto di Mauro Covacich “Mamma s’è iscritto a Facebook e ha vinto la solitudine”. Ci ho ritrovato anche mia madre e la sua “liberazione” che passa attraverso la possibilità di fare cose così rivoluzionarie come lasciarsi andare, fare quello che vuole lei, senza il filtro di fare solo quello che ci si aspetta da lei. Ai suoi tempi funzionava così, ci ha impiegato del tempo a prendersi le sue piccole conquiste.

Io sono una donna diversa, con problemi diversi. La conciliazione tra famiglia e lavoro è un grosso stress, su questo non c’è dubbio. Nei periodi più intensi in cui posso stare poco con i bambini, mi sento in colpa, anche se non sono certo fuori dal parrucchiere, ma al lavoro. Fare la spesa è un supplizio che pesa solo su di me, con tutta la programmazione necessaria a immaginare una settimana di cene, pranzi, merende, colazioni. Vorrei poter condividere di più le mie responsabilità? si, senza dubbio. Soprattutto quando per fare una doccia con calma devo alzarmi alle 6 di mattina. Ma io sono pronta a delegare? perché per me il problema è questo. Non riesco a delegare, a dare ordini. Perché un uomo ha bisogno di questo, che gli venga detto quello che deve fare, quando si parla di questioni di casa.

Ops! Sono caduta in uno stereotipo! Ed è proprio questo il problema, gli stereotipi. Sono quelli che non permettono agli uomini di prendere il congedo parentale, che fanno  immaginare che una madre sia meno produttiva di un uomo, che scoraggiano le donne a fare carriere scientifiche. E potrei continuare la lista.

Non ho riposte, solo dubbi, lo avevo premesso. Vi lascio con un il trailer di questo documentario, “La teoria svedese dell’amore“, vedetelo se vi capita. Ne uscirete con ancora più domande.

La teoria svedese dell’amore

 

 

 

 

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