“Je suis Charlie”, quando il terrorista è una donna

E’ una donna l’unica tra i terroristi dell’attentato di Parigi che è riuscita a fuggire e che viene descritta dai giornali spietata e armata fino ai denti, pronta a seminare di nuovo terrore. Il fatto che una donna facesse parte di questa terribile vicenda ha scatenato una serie infinita di commenti sulle donne e il loro ruolo in questa “guerra del terrore”. Ai giornali piace sempre descrivere le donne come vittime, ma quando si tratta di farle diventare carnefici finisce che i commentatori non hanno stereotipi ai quali riferiscono e perdono il lume della ragione.

In particolare oggi mi hanno molto colpito due uscite, di cui vi riporto dei passi, senza commenti. Innanzitutto l’articolo di Amos Oz uscito oggi sul Corriere, dal titolo “Il dolore delle donne separate dal mondo”.

Forse il problema più doloroso in molte società musulmane sono semplicemente i mariti. Intendo i mariti che obbligano le mogli a restare ignoranti, isolate e separate. Una donna ignorante ha molto poco da dare ai suoi figli piccoli. Un bambino che riceva poco dalla mamma nell’età prescolastica è quasi certamente destinato a restare molto indietro e spesso finisce per diventare una persona risentita, frustrata, persino violenta.

Sono d’accordo con Oz, ma non posso fare a meno di dispiacermi anche per quelle donne musulmane che nella vita possono essere solo madri e mogli, credo che innanzitutto verso di loro sia fatta una violenza costringendole a vivere nell’ignoranza. Le donne e i loro diritti passano sempre in secondo piano rispetto ai diritti delle persone che da loro dipendono.

Sono rimasta molto perplessa rispetto al pezzo di Adriano Sofri comparso questa mattina su Repubblica, dal titolo “L’avanzata delle “convertite” sotto il velo dell’estrema ribellione”. La scelta dell’estremismo per una donna sempre che sia una scelta fatta per noia, per voglia di protagonismo, per uscire da una adolescenza turbolenta. Forse ho frainteso, ma Sofri delle donne che si convertono all’Islam estremo ci dice:

E’ un capovolgimento di fronti insopportabile: un cambio di proprietà, un rinnegamento della libertà che pretendono “da noi” per la sottomissione completa “a loro”, e l’annuncio di un estremismo che mette insieme tutto, la fede supposta fanatica, e la disposizione femminile all’eccesso”.

In questa ultima considerazione leggo anche un po’ di disprezzo, così come nella descrizione di tutte queste donne che hanno deciso di convertirsi all’Islam del fondamentalismo, una scelta che un uomo può fare ma che a quando pare per una donna è sintomo di un qualche squilibrio. Un disprezzo che chiude anche l’articolo:

La religione della laicità ha le sue gatte da pelare, e la giovane Hayaat Boumedienne quando ha indossato il suo velo integrale ha perso il suo posto di cassiera – che disprezzava, del resto. Chissà. per liberarsi di un posto di cassiera si può credere di esser chiamate a diventare una martire di Allah.

Che dire? ci sono degli uomini che non riescono a prenderci sul serio nemmeno quando facciamo delle scelte così drammatiche e tragiche.

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