Milano, record di donne al lavoro. Ma il boom è legato all’avanzata delle precarie

Questa mattina il Corriere della Sera ci ha accolto con una grande notizia: “gli ultimi dati Istat sugli incrementi di occupazione (novembre 2015-novembre 2016) segnalano una chicca: le nuove occupate sono 160 mila contro 41 mila uomini”, ha annunciato Dario Di Vico con un articolo davvero molto interessante. L’articolo non era dedicato a questo dato, ma al caso straordinario di Milano, che ormai vanta tassi di occupazione femminile simili a quelli del nord Europa.

Solo che, se ogni medaglia ha due facce, io non mi trovo proprio d’accordo con questa lettura entusiastica di Di Vico. Donne record al lavoro: benissimo, ma quale tipo di lavoro? La qualità del lavoro conta e quando si parla di qualità del lavoro si deve parlare anche di garanzie. E qui, secondo me, la lettura di Di Vico è discutibile.

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Lavoro e compromessi: per le donne due facce della stessa medaglia. Soprattutto dopo i 40

M. è una donna brillante, con una solida carriera alle spalle, una bella esperienza che l’ha portata a girare il mondo e a confrontarsi con aziende grandi e piccole. Ma questo non basta: il suo lavoro si sta facendo precario e sta scendendo a compromessi sempre maggiori. Il suo curriculum non basta più, a 40 anni trovare un nuovo lavoro per una donna può essere davvero molto complicato. E il suo datore di lavoro lo ha capito.

Una storia che si ripete. Contratti a tempo determinato, collaborazioni, la precarietà a 30 anni non fa paura. Poi arrivano i 40, hai bisogno di mettere qualche punto fisso, inizi a pensare ai contributi versati, al futuro. Avresti dovuto pensarci prima, ma ti sentivi molto sicura di te, sapevi che ce l’avresti fatta. A 30 anni la precarietà sembra una strada affascinante che ti regala una via d’uscita. A 40 anni è invece un sentiero che guardi con preoccupazione. Almeno che non trovi la forza di rimettere (di nuovo) tutto in discussione.

Il datore di lavoro di M. questo lo sa bene: sa che può tirare la corda, rimettere in discussione le condizioni del lavoro, farle fare qualche viaggio in più, chiederle di prendere la partita IVA. M. ha paura di non trovare un nuovo lavoro con gli stessi benefit, perché alla fine il suo è ancora un incarico importante che le permette di portare a casa un bello stipendio. Ma pensavo che con il passare del tempo il suo lavoro si sarebbe fatto più sicuro e non certo ancora più precario. Alla fine lei dipende da quell’uomo, dalla sua volubilità: da un giorno all’altro potrebbe mandarla a casa.

E il suo curriculum in un mondo studiato per dare (giustamente) opportunità e agevolazioni ai giovani e alle loro assunzioni, ha ben poco da spazio da dedicare a una 40enne, anche se piena di talento e di esperienza.

Forse chi vive nelle grandi città questa cosa si avverte meno, la mobilità fa meno a paura a Milano o a Roma, si ha l’impressione che ci siano più opportunità di cogliere. Ma chi vive in una città di medie dimensioni non ha molte opzioni. La parola d’ordine resta compromesso, un mantra per le donne più o meno in carriera.

Congedo di maternità per le partita IVA? Una bella notizia per tutte le donne

Dovrebbero suonare le campane a festa oggi, perchè finalmente ci si è resi conto della necessità fondamentale di tutelare la maternità, un diritto per ogni donna che oggi diventa troppo spesso una corsa a ostacoli. Perchè una donna che vuole essere madre è disponibile a farsi carico di un certo numero di rischi per quello che riguarda il suo futuro lavorativo (e quindi il futuro economico della sua famiglia). Ma un salto nel buio è un rischio troppo grosso, che spesso fa desistere oppure che limita il desiderio di maternità a un solo figlio.

Così ho letto con piacere questa notizia stamani; non voglio ancora festeggiare, perchè dall’intenzione passare ai fatti è sempre un viaggio pieno di incognite. Però il fatto che se ne inizi a parlare seriamente è una bella conquista, per tutte le donne.

http://www.corriere.it/economia/15_febbraio_15/maternita-anche-le-partite-iva-stato-assegno-fino-5-mesi-fca53d42-b524-11e4-b826-6676214d98fd.shtml

Ormai il lavoro è diventato precario per quasi tutti, è giusto che la maternità diventi un diritto anche per precarie e professioniste. Quelle donne che vivono sempre sulla porta, in una situazione di incertezza, sapendo di dover ogni giorno dare il meglio di sè stesse per poter mantenere la posizione guadagnata con tanta fatica.

Sono una donna che lavora e ha sempre lavorato tanto, una precaria come tante, anche se non mi lamento perchè ho avuto tante belle opportunità grazie a questo. Ho fatto due figli e non mi sono mai goduta fino in fondo l’inizio della loro vita, sempre incollata al computer non appena chiudevano un occhio, incapace di andare a fare lunghe passeggiate con la carrozzina per non fare i conti con il senso di colpa. Non ho mai staccato, non ho mai riposato: il giorno è per il lavoro, sempre, anche quando un neonato ti tiene sveglia tutta la notte. Questo non mi ha reso una madre peggiore delle altre, l’unica persona derubata di momenti speciali sono stata io, perchè la mia mania del controllo mi ha sempre reso impossibile far subire ai miei piccoli la mia stanchezza. Anche se io non usufruirò di quell’ambito congedo, oggi non posso che essere felice di questa proposta che spero diventerà realtà. La maternità è uno stato di grazia e non di debolezza; permettere a una donna di godere di quei primi mesi di vita del proprio figlio con serenità renderà tutti noi persone migliori.