Per una donna ogni giorno è diverso e non solo per la giungla di impegni. L’ormone prende il sopravvento all’improvviso, le risate sfociano in pianto, la tristezza arriva improvvisa. Per non parlare di quello che accade con il sesso. E’ vero, il ciclo mi rende ciclica. Ogni giorno sono diversa. Ma questo non significa certo che perdo il lume della ragione o che vivo ostaggio del mio umore. Insomma, “in quei giorni” non mi serve una pausa per restare a casa e liberare il mondo dal mio pessimo umore. Il congedo mestruale, in discussione adesso in Parlamento, non ha questa finalità.
E’ da sempre considerato un tabù, forse uno dei pochi rimasti così intoccabili: parlare di ciclo mestruale proprio non si può. Ma le donne irlandesi hanno deciso di usare proprio il loro ciclo per dare voce alla propria protesta: “se decidi sul mio apparato riproduttivo, allora devi conoscerne i dettagli” è lo slogan della campagna contro la legge sull’aborto che coraggiosamente tante donne stanno portando avanti.
Perché le irlandesi parlano delle loro mestruazioni su Twitter: una protesta pacifica, ma fastidiosa, che vuole portare alla luce una situazione che sta andando avanti da anni. Si fa di tutto per ostacolare l’aborto alle donne, anche andando contro ragioni di carattere medico. Quando l’ideologia e la medicina vanno a braccetto non ne viene mai fuori un bel servizio. Credo che per una donna essere costretta a tenere un feto morto addosso sia come farle subire una violenza tremenda. Accade in Irlanda, ma in parte accade anche da noi. Ultimamente sempre più spesso mi viene riferito di protocolli ospedalieri in cui, anche in caso di aborto spontaneo, una donna è costretta ad aspettare diversi giorni prima di avere il raschiamento per capire se può espellere il feto spontaneamente. La motivazione ufficiale è salvaguardare la salute della donna, quella reale è evitare il costo dell’intervento.
In Irlanda la situazione è ben più grave, come dimostra anche il rapporto di Amnesty International Lei non è una criminale.
Deve essere riconosciuto come un diritto di ogni donna quello di poter scegliere cosa fare in certe situazioni: un aborto non è una esperienza piacevole per nessuno e sono certa che chi arriva a fare questa scelta ha pensato bene a tutte le opzioni.
Tutto quello che l’uomo non capisce finisce per essere bollato come tabù, ha una connotazione negativa. E’ successo così anche per le mestruazioni, una parolaccia per tanti, un fenomeno da sussurrare, ma una parola che non può essere usata in pubblico. E in effetti nemmeno Donald Trump ha usato la parola “mestruazioni” in TV per arginare le domande della giornalista Megan Kelly che lo incalzava nel corso di una intervista alla CNN, ma il riferimento era talmente esplicito che su di lui si è rovesciata una polemica che potrebbe anche allontanarlo definitivamente dalle primarie presidenziali.
Le donne americane, però, non hanno più intenzione di subire in silenzio certi affronti della politica e non solo, non vogliono più accettare di dover fronteggiare un confronto al ribasso che non si basa sui temi ma sulle debolezze. O, peggio, sulle credenze popolari.
E sulle mestruazioni di credenze popolari ce ne sono tantissime. Innanzitutto la donna mestruatà è da sempre ritenuta “impura”. I simpatici “nomignoli” usati per definirle sono i più fantasiosi, ma la parola resta un tabù. Nemmeno le pubblicità degli assorbenti sono riuscite a sdoganare il problema.
Nel V secolo a.C. Democrito definiva le donne affette da stregoneria e impurità in quei giorni. Non siamo ancora a questi punti, ma queste parole qualcosa che vi hanno detto le vostre nonne lo ritroverete di sicuro:
“il contatto con una donna mestruata trasforma il vino in aceto, uccide le sementi, devasta i giardini, rende opachi gli specchi, fa arrugginire il ferro e il rame, fa morire le api, abortire le cavalle, e così via”
In effetti per Donald Trump le mestruazioni si sono manifestate proprio come una stregoneria: servirà ben altro che una pozione per rimetterlo in pista per la Casa Bianca.