La Resistenza delle donne: chi sono le 17 che hanno ricevuto la medaglia d’oro al valore militare

Sono state 35 mila le donne partigiane, ma solo in 17 sono state decorate con la medaglia d’oro al valore militare

Eroismo, audacia, coraggio: sono queste le parole che sono state usate per descrivere il contributo delle donne alla Resistenza. Sono state 35 mila le partigiane, 70 mila hanno fatto parte dei gruppi di difesa. Hanno imbracciato le armi quando necessario, hanno saputo organizzare missioni complicate, dare sostegno non solo materiale. Eppure solo in 17 si sono meritate la medaglia d’oro al valore militare e la maggioranza di loro sono state dimenticate dalla storia, non hanno nemmeno una pagina su Wikipedia.

Gli uomini premiati con la medaglia d’oro sono stati 570, secondo i dati che ho potuto recuperare dal sito dell’ANPI: la proporzione non regge, soprattutto se si tiene conto che la Resistenza l’hanno fatta anche le donne.

Per non dimenticare queste donne e il loro sacrificio, ve le ricordo qui sotto, con uno stralcio della motivazione ufficiale alla loro medaglia. Molte sono morte sul campo, senza poter lasciare nessuna testimonianza.

Il loro eroismo viene descritto con un linguaggio sicuramente desueto, ma soprattutto maschile: il contributo delle donne, il loro eroismo, viene ricordato con parole che rimandano al mondo maschile, al sistema di valori con i quali un uomo si riconosce. Una beffa ulteriore per queste donne che si sono sacrificate, come tante altre di cui magari non conosceremo mai la storia.

Eccole qui, in fila, pronte per essere ricordate.

Irma Bandiera, “prima fra le donne bolognesi ad impugnare le armi per la lotta della libertà, si battè sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato in pubblica via”.

Gina Borellini, “staffetta instancabile e audacissima combattente valorosa, ferita gravemente e mutilata dopo aver perduto il marito, catturato  e fucilato dai tedeschi”.

Livia_BianchiLidia Bianchi, “volontariamente si offriva di guidare in ardita ricognizione una pattuglia che, scontratasi con un grosso reparto nemico, impegnava dura lotta, cui essa partecipava con grande valore. Catturata insieme ai compagni e condannata alla fucilazione, veniva graziata, ma fieramente rifiutava la grazia per essere unita ai compagni anche nel supremo sacrificio”.

Carla Capponi, “nominata vicecomandante di una formazione partigiana, guidava audacemente i compagni nella lotta, sgominando ovunque il nemico, destando attonito stupore nel popolo ammirato da tanto ardimento”.

Bruna Davoli, “catturata, sottoposta alle più inumane sevizie, che fecero scempio del suo giovane corpo, condannata a morte, veniva salvata dai compagni che arditamente la liberarono”.

Gabriella Degli Espositi, “instancabile e audacissima, catturata, sottoposta alle torture più atroci, dopo aver assistito all’esecuzione di dieci suoi compagni, affrontava il plotone di esecuzione invocando l’Italia”.

Anna Maria Enriquez, “catturata, torturata, cadeva uccisa in mezzo a un gruppo di patrioti, da una raffica di mitragliatrice”.

Tina Lorenzoni, “intelligente informatrice, volle recarsi al di là della linea del fuoco per scoprire e rivelare le posizioni nemiche: fu catturata e fucilata”.

Ancilla Marighetto, “catturata e sottoposta a sevizie e torture non si piegò. Il piombo nemico stroncò la sua eroica esistenza”.

Clorinda Menguzzato, “audace staffetta, preziosa informatrice, eroica combattente, infermiera amorosa. Catturata, sottoposta ad atroci sevizie, fino all’ultimo anelito fulgido esempio delle più nobili tradizione di eroismo e di fede delle donne italiane”.

Rita Rosani, “di indomito valore, circondata la sua banda da preponderanti forze fasciste, combatteva strenuamente fino a che cadeva da valorosa sul campo”.

Modesta Rossi, “seguiva il marito sulle impervie montagne dell’Appennino, con lui dividendo i rischi e i pericoli della vita partigiana. Arrestata dai tedeschi, resisteva eroicamente a torture e lusinghe, e affrontava il plotone di esecuzione, che spietatamente stroncava, insieme alla sua, l’esistenza di un figlioletto di appena un anno avvinto al seno materno”.

Cecilia Deganutti, “valorosa crocerossina, dava in terra friulana la sua entusiastica attività al movimento di liberazione. Individuata dal nemico, ed esortata a porsi in salvo, preferiva continuare a svolgere la sua attività patriottica, finchè veniva arrestata.(…). Condotta al supremo sacrificio, l’affrontava con la calma dei forti, dando mirabile esempio di come la gente friulana sa servire la patria e per essa morire”.

Irma Marchiani, “valorosa partigiana, nella battaglia di Montefiorino veniva catturata dal nemico, nel generoso tentativo di far ricoverare in un luogo di cura un compagno gravemente ferito. Condannata alla deportazione è riuscita velocemente ad evadere, riprendeva il suo posto di lotta e partecipava ai combattimenti di Benedello, battendosi con indomito coraggio e prodigandosi nell’amore assistenza ai feriti. Caduta nuovamente nelle mani del nemico, affrontava impavida la morte”.

Norma Fratelli Parenti, “giovane sposa e madre. Diede alle vittime la sepoltura vietata, provvide ospitalità ai fuggiaschi, libertà e salvezza ai prigionieri, munizioni e viveri ai partigiani, e nei giorni del terrore, quando la paura chiudeva tutte le porte e faceva deserte le strade, donò coraggio ai timorosi e accrebbe audacia ai forti. Nella notte del 22 giugno 1944, tratta fuori dalla sua casa, martoriata dalla feroce bestialità dei suoi carnefici, spirò l’anima generosa”.

Vera_VassalleVera Vassalle, “all’atto dell’armistizio si presentava ad un comando alleato per essere impiegata contro il nemico. Volontariamente si faceva sbarcare da un MAS italiano in territorio occupato dai tedeschi. Portava con sé una radio e carte topografiche, organizzava e faceva funzionare un servizio di collegamento fra tutti i gruppi di patrioti dislocati nell’Appennino Toscano, trasmettendo più di 300 messaggi, dando importanti informazioni di carattere militare. Sorpresa dalle SS tedesche mentre trasmetteva messaggi radio, riusciva a fuggire portando con sé codici e documenti segreti e riprendeva la coraggiosa azione clandestina”.

Paola Del Din, “(…)chiedeva di frequentare un corso di paracadutisti. Dopo aver compiuto ben 11 voli di guerra, riusciva finalmente a lanciarsi con il paracadute nel cielo del Friuli alla vigilia della Liberazione. Nel corso dell’atterraggio riportava una frattura alla caviglia e una torsione alla spina dorsale, ma nonostante il dolore lancinante la sua unica preoccupazione era di prendere subito contatto con la missione alleata nella zona per consegnarle i documenti che aveva portato con sé”.

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