Dovevano imparare a usare le armi, organizzare sabotaggi, e occupazioni. Coraggiose e rispettate, non sono state premiate dalla storia, che le ha quasi dimenticate
Le Volontarie della libertà furono la parte più combattiva delle donne partigiane, quelle in prima linea, con le armi in mano. “Donne energiche e audaci, decise a partecipare attivamente alla guerra”, si legge nel comunicato che dà la notizia della costituzione di questo organismo.
Nascono su iniziativa dei Comitato di Difesa della Donna e raccolgono le donne più coraggiose che abbiano dimostrato incondizionata devozione alla causa della libertà, oltre a godere del rispetto delle compagne. Operavano in distaccamenti di 30 donne, divise in squadre di 5, con una comandante, una vice-comendante e una commissaria politica per ogni distaccamento.
Il primo distaccamento si era costituito in Piemonte, accanto alla formazione garibaldina Eusebio Giambone. A Genova nel ’44, ne fu creato un altro. Anche le operaie tessili biellesi organizzarono un Comitato tra il ’44 e il ’45.
Sono donne eroiche che, secondo il regolamento del Comitato nazionale dei gruppi di difesa, devono:
“Partecipare attivamente alla lotta contro i tedeschi e i fascisti; studiare ed organizzare atti di sabotaggio nelle fabbriche…
organizzare dimostrazioni….
occupare i depositi…mobilitare le donne del popolo
…colpire le donne che vanno coi tedeschi…
preparare centri di pronto soccorso…
Ogni Volontaria della libertà deve prendere dimestichezza col pericolo e col rischio della lotta armata: è quindi opportuno che sconosca l’uso della rivoltella…
Insomma, alcuni passaggi di un regolamento duro, che richiede un impegno concreto e determinazione alle donne. Sono rimasta colpita dall’aver trovato da più parti la storia eroica di una delle Volontarie: la telefonista di Stroppo, che durante un rastrellamento rimane aggrappata al suo centralino fino all’arrivo dei tedeschi, continuando a fare le segnalazioni ai partigiani. Fu impiccata e il suo corpo fu esposto in strada per 4 giorni. Eppure è solo la “telefonista di Stroppo”, non ha un nome, o almeno io non sono riuscita a trovarlo in nessuno dei libri che ho consultato.
Non c’è molto altro da aggiungere: il contributo delle donne è stato importante, ma poco valorizzato, come dimostra il fatto che solo in 19 hanno avuto la medaglia d’oro. Solo su 70 mila donne appartenenti ai gruppi di difesa e 35 mila partigiane.
Non saprei raccontare meglio questa storia di come l’ha fatto Giuliana Gadola Beltrami, partigiana e scrittrice italiana, che in questa testimonianza racconta le donne e la Resistenza nella loro umanità e nella battaglia quotidiana. Alla base di questo movimento c’era la voglia di cambiare le cose, secondo Giuliana Gadola il femminismo è nato qui. Siete d’accordo? Godetevi l’intervista.