Le scelte politiche possono fare la differenza nelle questioni di genere?
La Svezia ha un governo femminista: non lo dico certo io, ma lo annuncia il sito ufficiale del governo svedese. Cosa significa? “This means that gender equality is central to the Government’s priorities – in decision-making and resource allocation“, che tradotto significa che l’uguaglianza di genere è centrale nelle priorità del Governo, nel processo decisionale e nell’allocazione delle risorse. Sembra un bel manifesto, ma in concreto le donne svedesi hanno davvero maggiori diritti di noi?
La risposta è ampiamente positiva. Secondo il Women in work Index 2019 è l’Islanda il posto migliore al mondo dove essere una donna. Ma la Svezia è al secondo posto nella classifica. La classifica misura il potere economico delle donne in 33 paesi. L’Italia si trova al 29esimo posto, peggio di noi in Europa si classifica solo la Grecia.
Ma tornando alla Svezia, in cosa si concretizza l’azione del governo femminista? E’ dal 2014 che il Paese ha preso questa direzione e i risultati si vedono. Il Governo garantisce parità di diritti e parità di accesso ai tavoli decisionali. Inoltre si impegna anche a garantire una equa distribuzione delle risorse alle donne. Ogni decisione politica è presa valutando l’impatto sulla vita delle donne e degli uomini: detto così pare scontato, ma non lo è per niente.
Ad esempio il congedo parentale in Svezia è di 480 giorni, utilizzabili da entrambi i genitori fino all’ottavo anno del figlio, 390 dei quali pagati per l’80%.
Le donne partecipano alla vita politica attivamente: in seguito all elezioni del 2018, 161 dei 349 seggi in Parlamento sono occupati da donne.
Nonostante sia un paese modello, anche qui l’uguaglianza retributiva non è ancora stata raggiunta: a parità di funzioni, le donne percepiscono l’88% del salario di un uomo.
Le differenze di genere vengono eliminate fin dalla scuola dell’infanzia, dove si cerca di eliminare gli stereotipi nei bambini, per farli sentire liberi di essere e desiderare quello che vogliono. Non ci sono “giochi da femmine e da maschi” e si cerca di stimolare la costruzione di desideri e aspettative fin da piccoli in maniera scollegata dal proprio genere: una bambina può sognare di fare l’ingegnere così come un bambino può giocare con il ferro da stiro.
La ministra per l’uguaglianza di genere, Åsa Lindhagen, non ha una carica solo rappresentativa, ma una delega trasversale che le permette di intervenire in tutti gli ambiti della vita politica. Perché si può lavorare per l’uguaglianza di genere solo facendo un lavoro a 360 gradi. Lo so, sembra fantascienza per noi che il Ministro per le Pari Opportunità non ce l’abbiamo più. E infatti basta leggere la cronaca di un giornale qualsiasi per capire quanta strada dobbiamo ancora fare.