Le bambine di Letizia Battaglia

Letizia Battaglia - Soggetto Nomade - Centro Pecci

La celebre fotografa ama ritrarre le ragazzine, un modo per celebrare quell’infanzia piena di sogni di aspiranti donne in cerca di identità

Sentire parlare Letizia Battaglia della storia della sua vita lascia sorpresi: fotografa, reporter, politica, quante vite in una sola donna. Sorprendente è poi scoprire che questa donna straordinaria fino a 36 anni era stata “solo” una moglie e una madre, che aveva soffocato qualsiasi altra attitudine o interesse. Come ogni figlia del suo tempo (è nata nel 1935) che non poteva permettersi il lusso di essere quello che voleva essere.

Durante la guerra aveva vissuto a Trieste, libera di girare per la città. Poi all’età di 10 anni ha fatto ritorno nella sua Palermo, dove però non l’attendeva la stessa libertà. Le capitò di uscire da sola e un uomo le si avvicinò “esibendosi”, come dice lei. Lo raccontò ai genitori che immediatamente la chiusero in casa. Il suo sogno di libertà finisce così tra le quattro mura di una casa che la soffoca.

Non sorprende che poi all’età di 16 anni abbia deciso di sposarsi, per uscire da quelle quattro mura. Avrebbe voluto studiare, ma una “signora” non poteva, e così nascono le figlie, in una vita dagli orizzonti sempre più limitati.

A 36 anni per Letizia Battaglia arriva un brutto crollo nervoso, viene ricoverata e trova la forza di cambiare direzione all sua vita. Lascia Palermo e va a Milano, con le sue figlie, e inizia a fare la fotografa. Senza aver studiato, senza avere imparato da nessuno, solo seguendo il proprio istinto. Da lì ha inizio la sua vera storia: tornerà a Palermo dopo 3 anni, dopo aver dato anche a sé stessa prova di indipendenza. E con la sua macchina fotografica inizierà a raccontare la Palermo crudele di quel ventennio tra il 1975 e il 1995. Il resto è storia, quella di una donna che avuto il coraggio di cambiare direzione.

Letizia Battaglia - Soggetto Nomade - Centro Pecci
photo credit: Lucrezia Santi

“Con la macchina fotografica mi sono costruita un’identità, quella che fino a tardi non mi è stato permesso di costruirmi – commenta Letizia Battaglia dal palco del Centro Pecci di Prato, che ospita una serie di suoi scatti all’interno della mostra “Soggetto nomade”. – Non sono mai stata una femminista, anche se mi sono comportata come se lo fossi. Ho invece sempre creduto nella complicità, perché di questo le donne hanno bisogno”. 

Le sue foto hanno raccontato un’Italia che tante volte abbiamo finta di non vedere: ci sono i fatti di cronaca, le periferie. E poi ci sono le bambine: “quelle magre, con i capelli lisci e le occhiaie. Amo fotografarle. In loro cerco un po’ di me“.

Ma perché per una donna la realizzazione deve sempre passare attraverso quello che non può essere o che non può avere? L’affermazione di una donna deve superare un doppio ostacolo: quello che non può essere e poi, una volta deciso di mettersi in gioco, una donna deve raggiungere l’obiettivo. Una sofferenza che ci ha dato un’artista come Letizia Battaglia, questo è vero. Ma le cose dovrebbero costare meno care alle donne.

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